ATEX2021-10-08T12:59:23+02:00

Controllo degli accessi nei siti ATEX

Il controllo degli accessi in ambiente esplosivo deve soddisfare i requisiti della norma ATEX. I pericoli propri delle “atmosfere esplosive” (ATEX) richiedono una regolamentazione severa, che impone l’utilizzo di materiale omologato nelle zone a rischio.

La soluzione di controllo degli accessi elettronico LOCKEN si basa su una nuova tecnologia contactless che soddisfa i nuovi requisiti per gli ambienti esplosivi. Numerose grandi aziende nel settore gas e idrocarburi hanno già scelto questa soluzione basata sulla chiave intelligente LOCKEN.

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I settori interessati

I principali settori interessati sono quelli dell’energia, in particolare il gas e gli idrocarburi, della chimica, del legno, dei rifiuti domestici, ma anche dell’agroalimentare, in particolare a causa delle polveri di grano accumulate nei sili.
In breve, un’atmosfera esplosiva si forma principalmente a causa della presenza di gas o polveri infiammabili. L’esplosione può essere scatenata da una scintilla, di origine meccanica o elettrica, oppure da un riscaldamento locale dovuto, ad esempio, allo strofinamento di due componenti metallici.

Controllo degli accessi: vincoli e soluzioni

Trattandosi di controllo degli accessi elettronico, il pericolo non deriva tanto dalla parte meccanica della chiave quanto dalla sua componente elettronica. Se la trasmissione delle informazioni tra la chiave e il cilindro avviene attraverso la corrente elettrica, può formarsi un arco elettrico e quindi una scintilla sufficiente a infiammare i materiali esplosivi circostanti.
La nuova chiave elettronica intelligente trasmette le informazioni al cilindro tramite una bobina d’induzione elettromagnetica situata al centro della chiave. Nessuna corrente elettrica passa tra la chiave e il cilindro e quindi non possono generarsi archi elettrici né scintille.
Questa tecnologia all’avanguardia ha permesso a LOCKEN di ottenere la certificazione ATEX II 2 G Ex ib IIB T4. per la sua soluzione di controllo degli accessi, che può essere installata nelle stazioni di erogazione e regolazione del gas, nelle infrastrutture per il trattamento e la distribuzione degli idrocarburi o nelle recinzioni degli impianti chimici.
Può essere utilizzata in zone in cui la presenza di gas, vapori o nebbie esplosive si può rilevare occasionalmente durante il normale funzionamento (II 2 G).
Le caratteristiche intrinseche della chiave (etichetta ib di “sicurezza intrinseca”), e la sua temperatura di esercizio massima (T4) consentono un utilizzo senza rischi in presenza di un gas altamente esplosivi come l’etilene o di gas leggermente meno pericolosi come il propano (II B).

Un po’ di storia: dai primi incidenti “esplosivi” alle norme moderne

Il pericolo delle atmosfere esplosive è noto fin dagli inizi dello sfruttamento intensivo delle miniere di carbone, nel XVIII secolo. Il “grisù” (gas formato principalmente da metano) e le esplosioni dovute alle polveri di carbone in sospensione nell’aria hanno causato in Europa migliaia di vittime, fino a 1.100 morti nel 1906 in una sola miniera tra Courrières e Lens (Francia)… Per questo sono state prese le prime misure di prevenzione, come le famose lampade Davy anti-grisù.

Ogni paese ha implementato, quindi, progressivamente una legislazione specifica, basata sul rilevamento e sulla prevenzione. L’Unione europea ha iniziato a unificare queste regolamentazioni nel 1994, potenziate ulteriormente nel 2014. Quest’ultima legislazione è in vigore a partire dal 2016.

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